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Piazzetta, Giovan Battista.

Pittore italiano. Figlio di Giacomo, scultore e intagliatore di legno che fu anche il suo primo maestro, svolse l'apprendistato nel clima del Manierismo veneto tardo-secentesco, subendo in particolare l'influenza di A. Zanchi e G. Langetti. Allievo alla bottega di A. Molinari, indagatore dell'opera barocca di J. Liss, P. completò la sua formazione nel corso di un lungo soggiorno a Bologna, dove ebbe modo di studiare le opere di Carracci e del Guercino ed entrò in contatto con G.M. Crespi, che avrebbe esercitato su di lui un'influenza decisiva. P. sperimentò a fondo la propria sensibilità nei confronti della luce. Il suo linguaggio, soprattutto nelle opere più mature, ebbe un carattere autonomo rispetto ai dettami della scuola veneta, che comunque rimaneva il suo principale punto di riferimento. Trasferitosi a Venezia nel 1711, aprì una bottega molto attiva, attorno alla quale ruotarono molte importanti figure, come G. Angeli e D. Maggiotto. Fra le prime opere di P. si collocano il Martirio di San Giacomo (1717, Venezia, chiesa di San Stae), notevole per il tratto deciso e il forte plasticismo formale, e l'Apparizione della Vergine a San Filippo Neri (1725 circa, Venezia, chiesa di Santa Maria della Fava). In un'opera successiva, l'affresco della Gloria di San Domenico in San Zanipolo, coeva a un nuovo soggiorno bolognese (1727), l'autore affrontò un tema decorativo molto complesso, affinando ulteriormente la sua capacità di giocare con l'ordito luminoso e introducendo soluzioni prospettiche caratteristiche della scuola felsinea. Fu questo un elemento che, unito alla lezione del Manierismo rococò di Sebastiano Ricci, tornò con maggiore evidenza nell'Estasi di San Francesco (1732, Vicenza, pinacoteca), nel Martirio (1733, Chioggia, duomo), nell'Assunta (1735, Parigi, Louvre) e, in particolar modo, nel suo capolavoro, la pala dei Santi Giacinto, Ludovico e Vincenzo (1738, Venezia, chiesa dei Gesuati). Il cupo chiaroscuro del primo periodo, dal quale aveva preso le distanze in nome di quella luminosità tipica dell'ambiente veneziano, prese a riaffiorare nelle opere più tarde, laddove P. iniziò, con sempre maggior insistenza, a trattare motivi di genere, o addirittura profani, accanto alle usuali opere a sfondo religioso. A quel periodo appartengono L'indovina (1740, Venezia, gallerie dell'Accademia), la Scena pastorale (1740, Art Institute of Chicago) e la Passeggiata campestre (1745, Colonia, Wallraf-Richartz Museum), notevoli per la presenza di motivi arcadico-pastorali, e dipinti quali L'alfiere e il David (Dresda, pinacoteca), L'estasi di Santa Teresa (Stoccolma, Museo nazionale), Rebecca al pozzo (Milano, pinacoteca di Brera), nei quali accanto a soggetti tratti dall'iconografia biblica trovano posto temi e figure più terrene. Il nuovo prevalere dell'interesse luministico, determinato forse anche dalla solitudine della senilità, riportò P. a toni violentemente chiaroscurali. Tra i lavori dell'ultimo periodo primeggiano: La Decollazione del Battista (1744, Padova, Museo antoniano), il San Gaetano (Rovigo, accademia dei Concordi) e l'Adorazione dei pastori (1745, Würzburg, duomo). Negli anni successivi alla sua nomina a direttore dell'accademia di Venezia (1750), malgrado i riconoscimenti ufficiali e la grande influenza che esercitò sulla pittura veneziana del Settecento, visse isolato, limitando la sua attività all'insegnamento accademico e a quella di illustratore per conto dell'editore veneziano Albrizzi (Venezia 1683-1754).